La custode del miele e delle api, di Cristina Caboni, recensione di Daniela Domenici
Solo diciotto giorni fa ho “incontrato” Cristina Caboni, mi sono innamorata di un suo libro e l’ho recensito, oggi torno a “trovarla” e a raccontarvi le stesse infinite e travolgenti emozioni che mi ha regalato con quest’altra sua opera che ho letto in un soffio nonostante la mole e che mi ha lasciato un sorriso nel cuore.
Questo libro è, prima di tutto, un profondo, ineffabile e straordinario inno alla Sardegna, alle sue tradizioni, alla sua lingua, ai suoi luoghi che ho scoperto da pochi anni e che, goccia a goccia, continuerò a esplorare per il fascino che questa terra emana, per i suoi profumi e sapori, per la sua gente. Dopo averlo letto sento l’urgenza di visitare l’isola su cui Caboni ha ambientato la storia di Angelica e di Nicola, Abbadulche (acqua dolce), nel sud ovest della Sardegna, vicino all’altra grande isola, Sant’Antioco.
Splendido escamotage quello di iniziare ogni capitolo con un diverso tipo di miele di cui Caboni, sapiente conoscitrice delle api e del loro mondo magico, ci narra i benefici che apporta al corpo e alla mente, non si riesce a immaginare che ne esistano così tante varietà e che uso dobbiamo imparare a farne.
Bravissima ancora una volta l’autrice a tratteggiare la psicologia dei/lle sue/oi protagoniste/i, da Angelica a sua madre, da Margherita a Sofia, da Nicola a Claudio, dalla piccola Anna alle formidabili donne del paese, sembra di ascoltarle/i mentre gravitano, nei modi e nei tempi più diversi, intorno ad Angelica, cuore pulsante di quest’opera e custode del miele e delle api.