chi si ricorda delle “Donne del digiuno”? di Ester Rizzo

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Chi si ricorda delle “Donne del digiuno? Chi conosce la loro storia? Dopo la strage di via D’Amelio e l’uccisione del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta, in quella terribile estate palermitana  del 1992, un gruppo di donne decide di reagire a quel clima di morte, sgomento e dolore che pervade la città. Escono dalle loro case e occupano per un intero mese Piazza Castelnuovo, attuando, a turno, tre giorni di sciopero della fame. Adottano uno slogan “Ho fame di giustizia, digiuno contro la mafia” e lo scrivono su un cartoncino giallo che appendono al collo. Il senso profondo di questa frase era: sottraggo il mio corpo al nutrimento di morte che mi propone questa città; non accetto la violenza come misura di vita.

Nascono relazioni solidali tra circa duecento donne e i cittadini, hanno età ed idee diverse e sono di varia estrazione politica. Tra loro, Letizia Battaglia, Simona Mafai, Giovanna Marini, Pina Maisano Grassi e la sindaca di San Giuseppe Iato, Maria Maniscalco.

Così ricorda quel momento la saggista Angela lanza: “Ci siamo sentite parte di un grande corpo collettivo, coscienti che ognuna di noi era sostituibile da altre e, insieme, abbiamo capito che se non avessimo manifestato in modo eclatante e in modo fortemente simbolico il nostro dissenso, ci saremmo sentite complici. Con questi sentimenti comuni abbiamo più facilmente superato ostacoli e diversità. Sapevamo di lottare per la nostra libertà, che si sarebbe ristretta violentemente se avessimo scelto il silenzio”.

Il 3 Agosto 1992, il procuratore capo della repubblica, Giammanco, viene trasferito alla Corte di Cassazione; le Donne del Digiuno così commentano :”gli avvicendamenti dei massimi responsabili dell’ordine pubblico e della giustizia, già avvenuti o imminenti, non bastano ad assicurare che sulle stragi di mafia non cadano ancora una volta l’oblio, la rassegnazione o, peggio, la menzogna”.

Ogni sera, in piazza Castelnuovo, si recano da queste donne i genitori dell’agente Agostino ucciso a Villagrazia di Carini insieme alla giovane moglie incinta. Anche la madre di Vito Schifani sente il dovere di incontrarle.

Invece la stampa dedica pochissima attenzione alla protesta e alle azioni delle donne e a volte distorcono anche le informazioni. Le donne decidono così di imbavagliare tutti i monumenti della piazza, utilizzando gli stessi fogli dei giornali e realizzano degli striscioni contro” l’informazione” che definiscono “di regime”.

Riportiamo uno stralcio della lettera che queste donne scrissero all’allora Presidente della Repubblica Scalfaro:

Signor Presidente della Repubblica…la folla presente in piazza si è unita spontaneamente in un cerchio: donne , uomini, ragazzi, turisti stranieri, lavoratori extracomunitari, si sono tenuti per mano…ciò dimostra che resistono in questa città donne e uomini che non vogliono mandare in vacanza la loro libertà e la loro coscienza. Da piazza Castelnuovo, signor Presidente, le indirizziamo questo appello: come Lei, vogliamo che chi occupa ruoli istituzionali si assuma finalmente le proprie responsabilità.

Presidente: a quando la verifica di questa etica della responsabilità individuale? Dal 22 luglio, in questa piazza di Palermo,..si tiene uno sciopero della fame…per ottenere gesti concreti, forti e significativi, che diano credibilità alle istituzioni…

Signor Presidente: chiediamo la rimozione del Procuratore della Repubblica Giammanco, del prefetto Jovine, del Capo della polizia Parisi, dell’Alto Commissario per la lotta alla mafia Finocchiaro. Tante donne e uomini di questa città vogliono vivere liberi, tante donne e uomini non possono abbandonare la memoria e l’impegno di tante, troppe vittime della mafia. Troppe sono le vittime e pochi i colpevoli nelle carceri.

Signor Presidente vogliamo GIUSTIZIA. Vogliamo uomini giusti, nuovi, credibili e onesti ai vertici delle funzioni vitali di questa città di massacri”.

Il manifesto con cui veniva annunciata la protesta

Le donne del digiuno furono il primissimo segno di una città, ma anche di un’intera isola, che voleva risollevarsi e non annegare nel sangue delle stragi. Chiedevano assunzione di responsabilità dei politici e quindi indirettamente niente corruzione e scambi di voti. Chiedevano pubblicamente e a gran voce la rimozione dagli incarichi di persone specifiche. Chiedevano senza paura e l’unico modo per punire l’ardire di queste richieste, fu quello di tacere sulle loro iniziative, di minimizzare la loro protesta.

Oggi, è giusto, che alle Donne del Digiuno, sia ridata voce e visibilità raccontando questa storia di lotta alla mafia.