Irene, di Leonilde Bartarelli, Graphofeel edizioni, recensione di Daniela Domenici

Semplicemente stupendo: ancora una volta desidero iniziare una recensione in modo iperbolico perché questo libro, liberamente ispirato, come recita il sottotitolo, alla vita di Irene Brin, di Leonilde Bartarelli è volato via in un soffio e mi ha ammaliato in modo superlativo.

Non conoscevo Maria Vittoria Rossi “giornalista di costume, inviata di guerra, traduttrice, icona fashion del suo tempo per la quale Leo Longanesi coniò lo pseudonimo di Irene Brin”, come si legge in quarta di copertina, che “attraversò la prima metà del ‘900 con la forza della sua personalità”; ringrazio di vero cuore Bartarelli per essersi cimentata nella biografia romanzata di questa donna straordinaria ed esserci riuscita con passione empatica, con grande professionalità narrativa, come se l’avesse davvero conosciuta de visu e infatti nell’epilogo immagina un loro incontro…

Irene Brin fu una giornalista e scrittrice camaleontica, cambiava identità e, di conseguenza, pseudonimi con grande intelligenza a seconda dell’argomento trattato e del giornale su cui sarebbe stato pubblicato il suo articolo; conobbe e fece da mecenate a grandi artisti grazie all’amore per l’arte che condivideva con il marito Gasparo con il quale fondò la galleria d’arte L’Obelisco a Roma. Era poliglotta e fu quindi anche traduttrice; si trovò a vivere la guerra dei Balcani per seguire il marito maggiore che era stato inviato là in missione durante il secondo conflitto mondiale e con grande bravura divenne anche un’inviata d guerra.

Irene Brin, una donna anticonformista ed estrosa di cui sono sicura vi innamorerete come la sottoscritta grazie a Leonilde Bartarelli.