this is not a diary, di Zygmunt Bauman, recensione di Loredana De Vita

Zygmunt Bauman: This Is Not a Diary – Writing Is Testifying

Non sono tante le occasioni per osservare come si sviluppi il pensiero di un autore che si ama, questo libro di Zygmunt Bauman, “This is not a diary” (Polity press, 2012), offre questa possibilità e, solo per questo, è già entrato nel mio cuore e so che ci resterà a lungo perché sarà interessante tornare e ritornare sul pensiero e sulle notizie da cui trae ispirazione per trovare l’aiuto necessario a sviluppare il mio sguardo sull’essere umano e l’umanità, la politica e la società, l’interiore e l’esteriore che contribuiscono a creare la nostra immagine del mondo e quella che il mondo ha di noi.
In forma di diario, scandendo alcuni giorni mese per mese da settembre 2010 fino a marzo 2011, “This is not a diary” ruota attorno alla realtà così come vista dal grande sociologo e pensatore, passando anche attraverso la lettura di notizie da giornali di tutto il mondo. Il pensiero di Bauman trascina dalla realtà rappresentata a quella che si nasconde dietro particolari rappresentazioni esteriori conservando sempre il suo sguardo più attento per l’umanità nella sua interezza, ma con particolare attenzione ai più deboli che sembrano destinati a essere sempre più deboli dei deboli.
Numerosi sono i riferimenti ad autori classici e contemporanei (per esempio Saramago, Cervantes) che raccontano all’uomo Bauman di sogni e possibilità traditi come anche di verità nascoste e abbandonate poiché tutto ciò che ha bisogno di responsabilità forti viene spesso abbandonato dai potenti del mondo per fare spazio al dio denaro e al potere che si conquista a scapito della verità e della libertà di tutti gli altri, prostrati nel bisogno indotto di una immaginaria necessità di difendersi che, facilitando la paura e la separazione, non consente di guardare la verità.
Di grande intensità sono le prima pagine di questo “non diario” in cui Bauman descrive il suo amore per la scrittura come la necessità di chi sente la responsabilità della parola scritta come di quella pronunciata. Commovente e reale la sua consapevlolezza del tempo che si riduce e che non consente di esaudire il desiderio di un’ambizione di ricerca più allargata in un mondo in cui tutto sembra moltiplicarsi pur nella pretesa di semplificazione, un mondo in cui costruiamo la perfezione che non siamo capaci di costruire in una realtà viva che ponga effettivamente le persone le une accanto alle altre.
La conclusione, che non è e non può essere una conclusione quanto un invito a migliorare se stessi e a non smettere mai di cercare e ricercare, è un suggerimento a realizzare la necessità di uscire dalle bugie e dagli inganni per dare a ciascuno una possibilità di verità.
“This is not a diary” (Polity press, 2012) è un libro bello, intenso, emozionante, un libro che parla di vita alla vita.