Sylvia Plath, di Antonella Grandicelli, Morellini editore, recensione di Daniela Domenici

Poco meno di un anno fa ho “incontrato” per la prima volta Antonella Grandicelli come formidabile giallista con il suo “Il respiro dell’alba”

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l’ho “ritrovata” come autrice di questo splendido romanzo dedicato alla celebre poeta anglo-americana Sylvia Plath nella collana “femminile singolare”.

Grandicelli sceglie di raccontarci Sylvia cominciando dalla fine, dalla mattina del suo suicidio, l’11 febbraio 1963, e ripercorrendo a ritroso la sua breve ma intensa vita fino alla sua nascita il 27 ottobre 1932, una scelta stilistica assolutamente originale che merita un plauso particolare.

Complimenti meritatissimi per la caratterizzazione psicologica di ognuna delle persone che incrociano il cammino di vita di Sylvia, in particolare l’amatissimo padre, entomologo, scomparso troppo presto, che le ha fatto conoscere a amare le api, protagoniste del sottotitolo “le api sono tutte donne”, la madre con cui ha sempre un rapporto conflittuale e il marito, il poeta inglese Ted Hughes, con cui avrà Rebecca e Nicholas e da cui si separerà per un tradimento.

Concludo con alcune frasi dal capitolo conclusivo che mi sembra riassumano perfettamente chi sia stata Sylvia Plath “porto con me la morte dentro la vita…la porto scritta nel mio nome che altro non è che poesia…sono nata con la poesia addosso, come una malattia, come l’alfabeto di una salvezza…”: grazie, Antonella, per avercela fatta conoscere meglio con questa tua opera!