La suocera, racconto di Adele Libero

CALITRI

Totò era un ragazzo bellissimo: alto, occhi azzurri e capelli biondi. Fisico atletico, buona istruzione, un buon  impiego. Un partito ottimo  per qualsiasi ragazza di Napoli e dintorni.

Era bravo e generoso, voleva bene ai suoi nipoti, inclusa la piccola Giò.  Ogni estate le regalava secchielli e palette nuove di zecca per il mare, nonché  un abbonamento per venti deliziosi giorni di spiaggia in una località vicino Napoli. Uno spasso per la piccina,  che  da bianca e bionda diventava la  “bambina di cioccolata” di tutta la spiaggia.

Le fidanzate di Totò si alternavano come ventate autunnali. Qualcuna  la faceva conoscere anche a casa, altre, invece, si  leggevano  nei suoi sguardi soddisfatti, nelle nuovissime tolette che indossava con eleganza, nei nuovi profumi che accompagnavano il suo incedere.

Una di queste ragazze  era meno carina delle altre, ma Giò l’apprezzò molto quando le  regalò un bel pezzo di cioccolata “foresta”, la cosa più buona che avesse  mai mangiato in vita sua.

Faceva, quindi, il tifo per lei, anche se, appunto, non era straordinaria fisicamente. Ma Totò,un giorno, lasciò la famiglia senza fiato: si era fidanzato ufficialmente ed avrebbe spostato una ragazza di  Calitri,  in provincia di Avellino.

Ma come, con tante belle ragazze napoletane, di buona borghesia, era andato ad accasarsi con una, campagnola  di un paesino sconosciuto?

Ma non ci furono versi. Il matrimonio si celebrò, con una grandissima festa  e dopo la messa ci fu una processione per mezzo paese, tra due ali di vecchie bardate in nero e con fazzoletti in testa!

Vivevano in paese e i parenti cittadini andavano spesso la domenica a pranzo nella loro grande casa, a più piani, con annesso orto e pollaio. La Giò si divertiva ad inseguir galline ed a cogliere arance direttamente dall’albero.

La suocera di Totò,  già abbastanza anziana, tollerava a stento quelle invasioni domenicali ed infatti, dopo pranzo, la vecchia veniva fuori dalla cucina, dove si era auto-relegata, e  domandava in modo asciutto cosa facessero gli ospiti  ancora a casa sua dopo aver così bene mangiato e bevuto (“io nun dico iatvenne, ma ‘cca che ce facite”).

Totò rideva da pazzi per questa sua proverbiale ruvidità e regalava ai “cittadini” vino e olio per compensare la scortesia.

Ma l’episodio memorabile di questa “dolce” e arzilla vecchietta, nota per la bontà esclusiva delle sue patate fritte, avvenne qualche tempo dopo.

Lei aveva un altro figlio che da qualche anno si era trasferito a Londra per avviare un bel ristorantino con varie specialità. Viveva con la moglie, paesana  doc, e due figli. Per festeggiare l’arrivo del secondo aveva invitato la mamma, la vecchia, a trascorrere qualche giorno lì con loro, nei sobborghi di Londra.

Lei aveva accettato, con qualche perplessità, e aveva fatto il viaggio da sola. All’aeroporto il figlio era andato a prenderla e da allora era rimasta a casa con loro.

Dicono, a questo punto, che un giorno litigasse con la nuora ed uscisse d’impulso da casa, addentrandosi per strade chiedendo passaggi. Pare sia riuscita a giungere al centro di Londra, a Trafalgar Square e qui, giurano, cominciò a fermare le auto chiedendo al guidatori, in perfetto dialetto,  “isseve verso Calitri?” (andate per caso verso Calitri ?). Tra lo stupore generale. Totò  quando raccontava questo episodio, moriva dal ridere e così i “cittadini”.

Totò, ormai campagnolo convinto,  è vissuto a lungo nella sua bella casa di campagna, con le  visite dei parenti che si diradavano negli anni, ed infine è morto proprio qui, in città, in un ospedale moderno ma freddo freddo.

Di certo  dove è adesso ha rivisto la suocera e stanno ridendo insieme!!