La mancanza di genitali femminili nelle statue, di Syreeta McFadden, da me tradotto e rielaborato
Un mercoledì pomeriggio abbastanza ordinario mi ha colpito quando per un capriccio ho deciso di visitare le gallerie greche e romane del Metropolitan Museum of Art di New York: non è stato il fatto che, dopo 20 anni, la cura del museo fosse stata spostata verso una progressione organica nello sviluppo delle statue ma che nessuna di loro mostrasse la realtà dei genitali femminili.
Ci sono, naturalmente, statue di donne greche e romane nude che stanno generalmente in una “three point pose”: un ginocchio piegato, un fianco piegato, una spalla inclinata per accentuare la forma. Una ha una mano sul seno per comunicare modestia; il suo pube è delicato. In effetti tutti i pubi sono delicati; ci sono solo avvallamenti modesti intorno alle ossa pelviche delle statue ma non si trova alcuna apertura o leggera separazione del Monte di Venere da nessuna parte. Le statue sono tutte vuote laggiù come delle bambole Barbie, come corpi femminili appena usciti dalla testa di Zeus, pienamente formati, talvolta vestiti e senza vulva.
Invece le statue maschili si scatenano con i loro “cocks” in mostra, sono dovunque. Peni di tutte le misure mi circondano: arricciati e flaccidi, impertinenti e svegli, testicoli caduti e rinsecchiti.
Ho gironzolato intorno guardando attentamente tutte le statue e i frammenti femminili nudi: non c’era nessuna vagina né labbra sporgenti da nessuna parte, non c’era alcun indizio che le vagine esistessero.
Il patriarcato ha tentato di cancellare le immagini del femminino sin da tempi immemorabili. Distruggi l’immagine e puoi controllare la narrazione. La Pasqua divenne proprietà dei pagani per celebrare il ritorno di Astarte. Prima di lei la dea della fertilità, Inanna, discese dal mondo dei morti non per salvare il suo amato compagno ma per estendere il suo potere: lasciò suo marito là per tornare sulla terra. Perfino la Venere di Willendorf ha una vulva.
Tuttavia da qualche parte lungo la strada la vulva è diventata sinonimo di osceno. Quando l’antica società greca – quella ateniese – si sviluppò il potere femminile e, per estensione, la vulva, fu denigrato. Le sculture sopravvissute rinforzano gli ideali maschili greci del corpo femminile e la storia documentata mostra uno spostamento nelle attitudini verso le donne. Gli studiosi credono che questo cambiamento sia legato all’impulso patriarcale e alla campagna di successo per cancellare le culture della dea nell’antichità.
Il linguaggio scritto aiutò a dare forma a queste idee riguardanti le donne. Leonard Schlain sosteneva nel suo affascinante libro “The Alphabet Versus the Goddess” che l’ascesa della letteratura e dell’alfabeto nell’antichità fu correlata con il cambiamento culturale nel trattamento delle donne. Vediamo questo soprattutto nelle opere di Platone e Aristotele che fondamentalmente credevano nell’inferiorità delle donne come è evidenziato nelle loro opere scritte.
L’arte rappresentativa ha riflesso questo cambiamento. Gli uomini, e per estensione i loro corpi e il loro sesso, vennero venerati. Jane Caputi ha scritto nel suo libro del 2004 “Goddesses and Monsters: Women, Myth, Power, and Popular Culture” che “mentre il fallo viene deificato il suo equivalente simbolico femminile…viene ovunque stigmatizzato” divenendo sinonimo di irrazionalità e caos.
Queste statue di marmo rappresentavano un valore idealizzato dei ruoli maschili e femminili nella società che codificava un potere dinamico e un ordine sociale che persiste in innumerevoli modi oggi. E’ un gesto tale che sembra non importante finché lo vedi ripetuto “over and over”; diviene chiaro che è intenzionale e deliberato e l’effetto duraturo è di cancellare l’umanità femminile. Perfino la più illuminata di noi deve ancora dimenticare le definizioni culturali del nostro sesso che marchiano le nostre vagine come profane, oscene, brutte.
La civiltà occidentale, alla sua radice, ha coperto di vergogna l’anatomia femminile, e per estensione la sessualità, e noi portiamo ancora quella vergogna in modi inconsci. Il corpo maschile nudo è così “normalized” nell’arte eroica che non provoca né shock né vergogna. L’uomo eroico pavoneggia i suoi attributi sessuali, la donna, anche quella sessualizzata, nasconde i propri.
http://www.theguardian.com/commentisfree/2015/apr/13/absent-female-genitals-art-repeated