La donna emancipata, di Jenny d’Héricourt, traduzione di Stefano Serri, Ortica editrice 2023, recensione di Daniela Domenici
Ringrazio il traduttore Stefano Serri e la casa editrice Ortica per averni fatto scoprire Jenny d’Héricourt, questa formidabile scrittrice e giornalista francese, una tra le prime femministe, nata nel 1809 e morta nel 1875: la sua opera “La donna emancipata” il cui titolo originale è “Le femme affranchie. Réponse à J. Michelet, PJ Proudhon, E. de Girardin, A. Comte et autres novateurs modernes” è una straordinaria dissertazione, sotto forma di epistolario o di dialogo, sull’emancipazione delle donne e su cosa pensino di questo argomento alcuni grandi scrittori e filosofi del suo tempo le cui argomentazioni riesce a confutare, punto per punto, in dettaglio, con superba bravura.
Sembra una donna dei nostri tempi e non dell’inizio dell’Ottocento, un’antesignana che andrebbe letta e studiata con maggiore attenzione; traggo dal capitolo finale alcune sue considerazioni “Perché la donna rivendica il suo diritto alla libertà e all’uguaglianza? Prima di tutto perché, molto più colta che in passato, sente meglio la sua dignità e i diritti della sua personalità. E perché le lezioni e l’esempio degli uomini l’hanno allontanata dalla fede completa nell’antico dogma, che non accetta più se non con beneficio d’inventario; vale a dire, respingendo ciò che ferisce i suoi nuovi sentimenti. Sente troppo bene quanto vale oggi per credersi inferiore all’uomo e obbligata a obbedirgli: non crede al diritto divino dell’altro sesso su di lei più di quanto questo sesso creda al diritto divino del principe e del sacerdote sui popoli” e poco più oltre “Così la donna non vuole più essere inferiore perché non lo è più in rapporto all’intelligenza; Perché non lo è più in rapporto alla produzione; Perché la situazione in cui si trova esige la sua uguaglianza con l’uomo”: grande Jenny!