“Signora Sindaca: perché così rara?” di Elizabeth Gregory, da me tradotto e rielaborato

annise parker

Quando Houston ha eletto Annise Parker a dicembre ed è diventata la più grande città con una sindaca apertamente lesbica molti di noi hanno ricevuto commenti sopresi da persone non di Houston: “chi sapeva che Houston fosse una città liberale” mi ha detto la mia amica Liz da Philadelphia “non abbiamo mai eletto un sindaco gay! Non abbiamo mai eletto una donna e neanche l’ha fatto New York o Los Angeles!”

I titoli, correttamente focalizzati sulla svolta gay hanno omesso il secondo fatto sorprendente. L’ascesa della Parker rende Houston anche la più grande città degli USA con una storia sostanziale di leadership femminile.

Oggi delle 50 città americane più grandi solo tre hanno una sindaca. Sono insieme a Houston Baltimora (non un brillante esempio recentemente) e Fresno. A paragone sei stati hanno attualmente governatrici e le donne detengono il 17 per centro dei seggi al Congresso. Non grandi numeri ma più delle sindache. 30 delle 50 città più grandi hanno avuto una sindaca in qualche punto della loro storia (Seattle, per esempio, nel 1926), 12 ne hanno avuto più di una (le più grandi tra queste: San Antonio, Dallas e San Diego) e 20 non ne hanno mai avuta una. E’ il 40%.

Chicago, la terza città più grande, ha eletto una sindaca per un mandato trenta anni fa. Phoenix, la quinta più grande, ha inaugurato l’elezione di una sindaca per due mandati nel 1976.

Nel momento in cui queste due donne hanno lasciato l’incarico Houston aveva pure la sua prima sindaca. Kathy Whitmire è rimasta in carica dieci anni (fino al 1991), durante il suo mandato ha nominato il primo capo della polizia afro-americano, Lee Brown, e quando quest’ultimo è andato a New York, la prima donna in questo ruolo di una grande città americana, Elizabeth Watson, e la prima dell’America Latina a diventare giudice capo della corte municipale di Houston, Sylvia R. Garcia.

Che differenza fa il genere del/la sindaco/a? Sebbene potrebbe sembrare progressista in se stessa la leadership femminile (come la leadership omosessuale) non garantisce politiche progressiste (vedi Wasila) né garantisce un buon comportamento (vedi Baltimora) non più di quanto faccia una leadership maschile. Ma la politica, come al solito, si trasforma in modi positivi quando le donne di tutti i partiti politici partecipano: più prospettive per i cittadini di essere rappresentati (un plus in una democrazia) e una volta che molte donne popoleranno il campo nessuno potrà concorrere come “la candidata donna”.

Come accade le donne leader spesso introducono cambiamenti sia perché conoscono alcune cose per esperienza che la loro controparte maschile non conosce (come la necessità di sostenere le famiglie e i lavoratori) e sia perché sono spesso in grado di vedere la possibilità di uscire fuori dai modelli stabiliti come con gli “appointments” di Whitmire.

Perché così poche donne concorrono? Perché spesso non viene loro richiesto e quando vengono elette la cultura politica maschile cancella molte di loro. Anche il basso tasso di partecipazione delle donne nei ruoli di leadership negli affari (soltanto il 3%  dei 500 CEO di Fortune sono donne) influenza la partecipazione politica poiché sono spesso “intersect”.

Ma la Parker è arrivata al suo ruolo a Houston in un contesto di “makers” di politica attivamente femminile. Il consiglio comunale di Houston è per metà femminile, la più alta proporzione di qualunque grande città. L’università di Houston ha una presidente imprenditoriale.

Le donne non sono in parità a Houston ma quest’anno ci siamo mosse un po’ più avanti nel lento “trickle up” che ha caratterizzato il progresso nazionale delle donne nel governo e negli affari negli ultimi 30 anni. Poiché a livello nazionale l’infrastruttura per il supporto alle famiglie non è cambiata (una buona “childcare” è disponibile ancora solo per pochi) le donne dovunque non sono ancora state in grado di muoversi in numero sufficiente verso posizioni dove avrebbero potuto cambiarla.  Ma le donne stanno costruendo la massa critica che cambia la dinamica.

E’ Houston una città liberale come la mia amica pensa? Bene, talvolta. Questa città “diverse” politicamente e socialmente “went blue” alle elezioni nazionali del 2008 e “red” a quelle del 2004 e del 2000. Ha eletto sindaci effettivamente democratici negli scorsi 12 anni ed è la patria di George H.W Bush e di Tom DeLay. La sua storia come città “wildcatting”, azzardante, aperta alle persone che vogliono fare la propria fortuna, insieme con la relativa brevità del suo status di grande città significa che su molti fronti ci sono meno barriere sociali qui che in luoghi apparentemente più progressisti.

E’ Houston una città di affari? Abbastanza. Non sorprendete che in una recessione la capitale dell’energia della nazione, una metropoli brulicante, con un crescente numero di cittadini da impiegare, abbia eletto la candidata che si è presentata come la più fiscalmente conservatrice e responsabile, aperta all’innovazione dove sia appropriata e con un a comprovata esperienza di “city controller” e di membro del consiglio.

“Ho intenzione di essere la mamma che vi dice di mangiare le verdure e che non avrete il dolce. Sto tentando di assicurarmi che abbiate abbastanza cibo per mangiare” ha detto la Parker alla città il giorno dopo la sua elezione. In tempi duri la casalinga frugale salva la fattoria. Mamma come “disciplinatrice” fiscale.

Non le metafore che i titoli potrebbero aver condotto la nazione ad aspettarsi ma non una sorpresa a Houston dove la Parker è stata fuori così a lungo, il suo orientamento sessuale si rivela essere immateriale. Sta con la stessa compagna da 19 anni. I suoi bimbi sono ben educati. Ordinaria amministrazione, perfino noiosa paragonata agli “high-jinks” con cui i politici “straight” ci hanno intrattenuto l’anno scorso. Quindi perché non usare le abilità e la conoscenza che lei ha sviluppato nei suoi ultimi 12 anni in ufficio? I votanti si sono rivelati di mentalità più aperta e pragmatici di quanto gli esperti si aspettassero.

L’elezione della Parker lancia il guanto della sfida a tutte le città di espandere la loro base di risorse portando avanti attivamente più donne e minoranze attraverso le “pipelines” della leadership del servizio pubblico e affari e poi attingendo a quell’esperienza ed eleggendole sindache. Regolarmente. Mentre i/le primi/e in tutte le categorie (gay, nero/a, donna, latino/a, asiatico/a) sono importanti sono i/le secondi/e e i/le terzi/e e i/le quarti/e che danno una reale trazione al cambiamento.

http://www.huffingtonpost.com/elizabeth-gregory/madame-mayor-why-so-rare_b_472490.html